Palazzo Branciforte fu realizzato alla fine del Cinquecento dal conte di Raccuja Nicolò Placido Branciforte e Lanza; l’edificio si sviluppava su più livelli: vi era un piano seminterrato, un piano terra adibito a magazzino e scuderia, un primo piano destinato alla rappresentanza e alla residenza della famiglia e un secondo piano adibito, agli uffici dell’amministrazione e alla servitù.

Intorno la metà del XVII secolo il figlio del conte, Giuseppe Branciforte, sfruttando i privilegi del tempo che consentivano l’espropriazione degli edifici vicini, potè acquisire l’edificio accanto e inglobare la strada sul quale prospettava il palazzo Raccuja.

Nella seconda metà del XVIII secolo i due corpi di fabbrica vennero collegati al primo livello da una loggetta ancora oggi esistente. Il nuovo corpo di fabbrica acquisito venne considerato come una vera e propria integrazione di quello originario: il piano terra fu adibito a “cavallerizza”, come la chiama il Villabianca, ovvero a scuderia coperta da volte a crociera sostenute da colonne in marmo grigio di Billiemi. A differenza di altri palazzi nobiliari, palazzo Branciforte era l’unico a Palermo a non avere al piano terra le botteghe, ma soltanto finestre, quindi si può affermare che si trattava di una vera e propria residenza patrizia.

Il primo piano doveva avere balconi con parapetto in ferro sostenuti da figure leonine in marmo raffiguranti lo stemma dei Branciforte. Il secondo piano aveva invece semplici finestre.

Il 23 novembre del 1801 il Governatore del Monte della Pietà per la Pignorazione – istituito nel 1584 all’interno del Palazzo Senatorio – chiese di poter prendere a censo il palazzo del principe di Butera a Santa Cita, che nel frattempo non lo utilizzava più come dimora, per destinarlo a seconda filiale del Monte. Il 21 dicembre si insediò l’istituto. Nell’aprile del 1803 furono completate le opere di ristrutturazione per adattare il palazzo a sede del Monte dei pegni, chiamato Monte Santa Rosalia, in onore della patrona della città. Le operazioni di adattamento alla nuova destinazione d’uso interessarono perlopiù i prospetti esterni del palazzo: i balconi del primo piano vennero trasformati in finestre che, insieme a quelle del piano terra e del secondo, vennero chiuse da grate in ferro per garantire le condizioni di sicurezza. Il 17 gennaio del 1848, in occasione dei moti rivoluzionari, l’edificio venne colpito da una bomba incendiaria che provocò il crollo del tetto e delle volte sottostanti causando gravi lesioni nella copertura della grande scuderia. Immediatamente vennero eseguiti i lavori di consolidamento e le colonne della scuderia furono inglobate all’interno di muri e nuovi pilastri vennero aggiunti per sorreggere meglio il peso delle volte lesionate.

Una volta ricostruita la copertura dell’edificio si pensò di non ripristinare il solaio tra il primo e il secondo piano, in modo da consentire la realizzazione della grande scaffalatura in legno con i relativi ballatoi di servizio, struttura che ancora oggi è possibile ammirare.

Nel 1929 avvenne la fusione fra il Monte di Pietà e la Cassa Centrale di Risparmio V.E. per le Province Siciliane, istituto che continuò per oltre 50 anni a mantenere l’attività di pegnorazione degli oggetti non preziosi. Nell’aprile del 1943 i bombardamenti della seconda guerra mondiale colpirono il palazzo provocando il crollo della parte angolare compresa tra le vie Lampedusa e Monte Santa Rosalia, distruggendo il loggiato superiore meridionale del cortile maggiore e parte dell’edificio. Nel 1958 la Cassa di Risparmio incorporò la Fondazione Culturale “Lauro Chiazzese” e Palazzo Branciforte ne diventò la sede. Nel 1997 il Banco di Sicilia acquisì la Fondazione Cassa di Risparmio V. E. per le Province Siciliane e da quel momento, Palazzo Branciforteha ospitato il centro di formazione del personale.

Nel 2003 la Fondazione Cassa di Risparmio venne incorporata dalla Fondazione Banco di Sicilia, acquisendone il patrimonio. Il 30 dicembre del 2005 il palazzo venne acquistato dalla Fondazione Banco di Sicilia, oggi Fondazione Sicilia, che ne ha disposto il restauro da parte dell’architetto Gae Aulenti.

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